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 Tiziana Befani 

Conosco Tiziana e il suo lavoro fin dagli esordi, da quando frequentava il mio corso all’Accademia di Belle Arti di Roma.

Un aspetto della personalità che la caratterizza è l’ostinazione con cui, da sempre, ha affrontato le innumerevoli sfide che si è trovata davanti nell’evoluzione del suo lavoro.

Per quello che posso testimoniare, so che non ha mai cercato scorciatoie come spesso fanno i giovani artisti che si sentono investiti dal sacro furore dell’arte.

Tiziana ha sempre cercato di portare alle estreme conseguenze gli approfondimenti che la sua rigorosa ricerca le imponevano, direi che non si è mai accontentata dei primi risultati, ma ha sempre spinto il proprio lavoro lungo un tracciato complesso e comunque necessario per vincere le proprie sfide.

Per molti anni ha frugato, con la serietà di uno scienziato o di un archeologo, tra i reperti dove si nascondono gli archetipi fondamentali su cui poggiano i miti e le radici iconiche delle civiltà.

E’ molto interessante osservare come questi materiali siano stati conservati e negli anni si siano completati, modificati, trasformati lungo tutto l’arco della sua ricerca.

Tra le tappe della sua avventura artistica c’è una svolta segnata dalla scoperta delle nuove e infinite possibilità del digitale con cui ha coniugato tutto il suo repertorio artistico in un nuovo e originale modo di fermare i frammenti del suo mondo e della sua poetica.

Quello di Tiziana Befani è un percorso la cui originalità consiste, a mio parere, nella capacità di raccontare in modo scarno, senza retorica nè enfasi.

Lo spazio del quadro è assunto come una camera di decompressione in cui sono inscenate delle storie che Tiziana ogni volta decide di fissare, come un fermo immagine, e che rievocano ogni singola tappa della sua ricerca.

 

Gino Marotta

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