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Marco Manzella

Come quando si legge un racconto

C’è un certo allontanamento nei mondi pittorici di Marco Manzella, però senza nessuna riserva di ostilità o alienazione, come se aprissero uno spazio per accogliere la nostra memoria e la nostra esperienza. La sua capacità di introversione e di concentrazione è un paradosso perché consiste in un luminoso invito di apertura verso altri mondi, come quando si legge un racconto: gli scenari e le immagini che inventa Marco Manzella hanno la profondità di narrazioni.

Non sono mondi tanto ricettivi come a prima vista si presentano: sono costruiti con pezzi tra di loro incompatibili, nonostante si presentino armonicamente.  In questo universo speciale convivono diverse prospettive e diversi punti di vista che confluiscono nello sguardo unico dello spettatore. E’ come se il pittore non dipingesse il nostro mondo apparente, ma il mondo della memoria, il mondo dei sogni, il mondo del desiderio: mondi dove si riuniscono con naturalezza distinti tempi e spazi. Ciò che fummo ieri cammina lungo una strada dove saremo domani mentre guardiamo dalla nostra finestra oggi.

Dipingere è pensare, segnalava Alberto Savinio, creare cose che non stanno esattamente in nessun luogo.

Però non c’è indeterminatezza nella pittura di Marco Manzella, ma precisione. Colui che è sveglio guarda le cose che ha intorno, sebbene veda molto poco di ciò che si apre davanti ai suoi occhi; colui che sogna, invece, non perde nulla dello spettacolo che sogna proprio come distingueva Savinio.

Il mondo esatto di Marco Manzella è chiaro, placido, caldo, in equilibrio. Ci reclama come una storia appassionante: ci sono quadri che si leggono come libri, disse una volta Italo Calvino.

 

Justo Navarro

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