di Tiziana Todi
L’opera viene commissionata dal mercante Matteo Botti di Firenze, nella cui casa il Vasari potè ammirarla, e trasferita nel 1619 presso la Collezione Medici dopo il lascito dell’ultimo erede della famiglia Botti. Nel 1622 fu inventariata nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti, sebbene inizialmente l'attribuzione a Raffaello venne messa in dubbio e confermata solo nei secoli successivi da molti studiosi ed in maniera certa dopo l'ultimo restauro.
Il titolo dell'opera deriva dal capo coperto della giovane donna ritratta, prerogativa delle donne sposate con figli, e suggerisce l’associazione con la Vergine. Lo stato sociale della donna è ben raffigurato dai monili che indossa, dalla collana di perle ambrate, dal gioiello incastonato composto da un rubino quadrato, uno zaffiro munito di una perla. Il braccio sinistro è appoggiato ad un ipotetico parapetto posto sotto il bordo inferiore del dipinto, la figura è di tre quarti.
Le spalle spioventi come in tutte le donne di Raffaello collega così le linee a quelle del velo e della manica in primo piano senza spezzare la fluidità del ritmo. Straordinaria è la manica rigonfia dove la seta crea profonde pieghe e riflessi di incomparabile qualità,con preziose variazioni di bianco su bianco, mentre la mano destra è sul petto, sul corsetto che stringe la vita, con un gesto teatrale, segno di devozione, che evita qualsiasi schematismo e rigidità.
Ogni elemento è collocato per comporre linee che seguono il broccato bianco, seguendo le direttrici fondamentali. I ritmi lineari non annullano la plasticità dell’immagine e contribuiscono a creare un insieme di chiarezza e ordine, ogni geometrismo è ammorbidito dalla luce che dà splendore ai tessuti sfumando i contorni che addolciscono la figura che emerge dal fondo scuro con colori caldi e chiari.
Il ritratto esprime luminosa bellezza, gli occhi scuri e dallo sguardo intenso infondono vita alla perfezione del volto dalle linee purissime, incorniciato dai capelli scuri, il dantesco cirro negletto. Il velo, che sembra proteggere il volto come fosse una perla all'interno della sua conchiglia, è un riferimento costante per l’andamento curvilineo, per le fitte pieghe della camicia e dell’acconciatura e dà origine a ombre dagli effetti sfumati leonardeschi, anche se in quest'opera Raffaello prende in maniera più decisa le distanze da Leonardo.
La simbologia de "La Velata"
Il titolo del dipinto “La Velata” deriva appunto dal capo velato, che potrebbe suggerire un'associazione con la Vergine Maria. Il velo è simbolo di donna sposata con figli così come il gioiello che la donna porta tra i capelli, dono di nozze: un rubino di taglio quadrato (simbolo di coraggio, vita, amore ardente) e uno zaffiro (simbolo di gioia, integrità ed equilibrio mentale) che termina con una perla (simbolo lunare e di femminilità creatrice, legato all'acqua e alla donna).
I tessuti increspati, le trame e gli sbuffi della veste e in particolare della manica rigonfia in primo piano, con pieghe e gorghi di panneggio, rilucendo nelle molte sfumature del bianco, sembrano quasi animarsi in un movimento turbolento che ricorda un torrente che scorre tra le rocce, o nubi mosse dal vento o ancora sbuffi e volute di fumo, ricordandoci il legame indissolubile tra uomo e Natura, tra stasi e movimento. Vi è infatti il contrasto tra la donna e il suo sguardo penetrante, acuto ma quasi immobile e le sue vesti che sono invece un turbinio di movimento, una ribellione alle regole, simbolo di passione viscerale che si nota anche nel particolare di un’impalpabile ciocca ondulata di capelli sfuggita, sulla fronte, alla composta pettinatura.
L’occhio dell’osservatore viaggia tra le pieghe della manica della camicia e nei punti più scuri dove sembrano aprirsi varchi inaspettati verso l’infinito e oltre la tela.
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